Per il calcolo della soglia penale per il reato di omesso versamento non si tiene conto degli interessi

17 October 2018
La Sezione III della Corte di cassazione, ud. 23 marzo 2018 (dep. 16 ottobre 2018, n. 46953, Pres. Cavallo, Rel. Socci) ha stabilito che, nel caso di omesso versamento IVA di cui all’art. 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000, ai fini del superamento della soglia di punibilità, l'imposta evasa va calcolata senza considerare gli interessi trimestrali eventualmente dovuti. Ai sensi dell'art. 1 co. 1 lett. f) del D.Lgs. 74/2000, infatti, per imposta evasa "si intende la differenza tra l'imposta effettivamente dovuta e quella indicata nella dichiarazione, ovvero l'intera imposta dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle somme versate dal contribuente o da terzi a titolo di acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta imposta prima della presentazione della dichiarazione o della scadenza del relativo termine; non si considera imposta evasa quella teorica e non effettivamente dovuta collegata a una rettifica in diminuzione di perdite dell'esercizio o di perdite pregresse spettanti e utilizzabili”. Occorre considerare, quindi, non l'importo indicato nel rigo VL38 (Totale IVA dovuta), il quale include anche gli interessi trimestrali dovuti, ma quello indicato nel rigo VL32 (IVA a debito). Deve considerarsi solo ed esclusivamente l’IVA evasa e non anche gli interessi dovuti per il versamento trimestrale. Quindi, essendo il superamento della soglia di punibilità – fissata in € 250.000 in seguito alle modifiche apportate dal d.lgs. n. 158 del 2015 – un elemento costitutivo del reato e non una condizione oggettiva di punibilità, la mancata integrazione della soglia comporta l’assoluzione con formula "il fatto non sussiste”. 

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