Non c’è la rinuncia tacita in caso di tardiva richiesta dei compensi da amministratori

04 October 2018
La Corte di Cassazione, nell'ordinanza del 3 ottobre 2018 n. 24139, ha precisato che:

  • stante il carattere "disponibile" del diritto al compenso di amministratore (Cass. 16530/2018 e Cass. 19714/2012), è possibile rinunciarvi;
  • tale facoltà tende a essere inquadrata nello schema generale della remissione del debito di cui agli artt. 1236 e ss. c.c., con l'applicazione delle relative regole;
  • è, quindi, ipotizzabile anche una rinuncia "tacita" ovvero per il tramite di "comportamenti concludenti";
  • per attribuire a un comportamento non sorretto da scritti o da parole o da altri codici semantici qualificati valore di rinuncia, occorre comunque che lo stesso faccia emergere una volontà oggettivamente e propriamente incompatibile con quella di mantenere in essere il diritto (Cass. 16125/2006);
  • la mera inerzia dell'amministratore nel richiedere alla società i compensi per l'attività prestata non può considerarsi una rinuncia tacita agli stessi, trattandosi di un comportamento tutt'altro che inequivoco - anzi, particolarmente ambiguo - che può essere espressione anche di tolleranza o di mera disattenzione;
  • ad ogni modo, attribuire rilevanza alla mera inerzia dell'amministratore significherebbe ridurre indebitamente il termine fissato dalla legge per la prescrizione del diritto.
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